Categorie
ACUSMATICA

A Moholy, l’ultimo giorno del tram a tariffa ridotta

(1998) musica elettroacustica per un film muto di Laszlo Moholy-Nagy [5’19”]

Prima esecuzione assoluta: Accademia Musicale Pescarese, Pescara, 1998

«La realtà del nostro secolo è la tecnologia… le macchine hanno preso il posto dello spiritualismo trascendentale del passato. Tutti sono uguali di fronte alla macchina… In tecnologia non esiste tradizione né coscienza di classe: tutti possono essere padroni, ma anche schiavi.»

Moholy-Nagy, 1922

Metà scultura, metà macchina, il “Lichtrequisit” (la scultura che viene ripresa nel film) è fatto di metallo cromato, vetro, filo e barre metalliche. Moholy-Nagy si sforzò sempre di interpretare lo spazio nel suo rapporto con il tempo. Così i movimenti cui sottopone la scultura, in prevalenza lenti e rotatori, siano essi reali o virtuali, sono sempre realizzati con la coscienza che lo schermo cinematografico è piatto, bidimensionale come una pittura, una fotografia. Per creare movimenti virtuali spesso usa tecniche di “elaborazione” dell’immagine: immagini in negativo, sovrapposizione di più riprese, illuminazioni dalle forme diverse, talvolta abbaglianti, che proiettano le ombre di parti della scultura su un fondo bianco.

L’idea della musica che ho realizzato era di dare suono alla scultura. Ecco quindi perché:

  • i materiali sonori di partenza sono stati determinati dai materiali di cui è costituita la scultura: metallo (una lastra di ferro strisciata o percossa, un suono sintetico tagliente come una sega d’acciaio, un cestello di lavatrice), vetro (cocci strisciati);
  • il tipo di trattamento deriva dalla tecnica luministica di Moholy-Nagy: filtraggio usando spesso parametri ricavati dagli spettri di fotogrammi del film;
  • la forma dell’opera rispecchia l’avvicendarsi dei diversi eventi del film;
  • ho cercato di rendere le tre dimensioni dello spazio acustico bidimensionali, di dare cioé la sensazione di movimento rotatorio più con il materiale sonoro che con il movimento vero e proprio, talvolta aiutandomi con la distribuzione spaziale, ma sempre con la sola stereofonia.

La totalità della sua sperimentazione aveva portato nel 1931 Moholy-Nagy a progettare di sincronizzare i movimenti del “Lichtrequisit” con uno spartito musicale. Secondo quali principi lo possiamo immaginare ricordando cosa disse a un amico tracciandone i contorni del volto su un blocco di appunti: «Posso suonare il tuo profilo. Sono curioso di sapere come suonerà il tuo naso.» Uno dei suoi esperimenti filmici fu infatti l’incisione su colonna sonora di lettere dell’alfabeto. Per questa ragione le parole schwarz, weiss, grau che compaiono all’inizio del film, come in una sorta di manifesto programmatico, sono accompagnate da rumore bianco filtrato con frequenze centrali e larghezze di banda che seguono i contorni delle lettere che le compongono.