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Sindrome scamosciata

(2008-2009) per video e live electronics [21’ 24”]

“Il transito ostile della luna” [5’ 17”]

Prima esecuzione assoluta: Conservatorio di musica “F.A.Bonporti”, Riva del Garda, 3 maggio 2008

Video e live electronics: Roberto Doati

“Potrete incappare in un contrattempo” [5’ 17”]

Prima esecuzione assoluta: Sala Tartini del Conservatorio “Giuseppe Tartini”, Trieste, 24 novembre 2010

Video e live electronics: Roberto Doati

“Le stelle suggeriscono nuove opportunità” [5’ 18”]

Prima esecuzione assoluta: Sala Tartini del Conservatorio “Giuseppe Tartini”, Trieste, 24 novembre 2010

Video e live electronics: Roberto Doati

“Vivrete una settimana all’insegna della stabilità” [6′]

Prima esecuzione assoluta: Sala Tartini del Conservatorio “Giuseppe Tartini”, Trieste, 24 novembre 2010

Video e live electronics: Roberto Doati

Sindrome scamosciata è una serie di 4 videomusiche ispirate da IPCRESS, il mio primo incontro con la musica elettronica (1965). A tale anno risale il film di Sidney Furie, tratto da un libro di spionaggio di Len Deighton, con Michael Caine nel ruolo di agente segreto al servizio del governo inglese. L’acronimo IPCRESS sta per “Induction of Psycho-neuroses by Conditioned Reflex under strESS”.

Sia il materiale sonoro che quello visivo sono presi e guidati da una scena del film in cui Caine, rapito da militari sovietici con la collaborazione di un traditore britannico, viene sottoposto a un lavaggio del cervello durante il quale, legato a una sedia, subisce l’ascolto ad alto volume di musica elettronica e la visione di figure sintetiche.

La parte visiva del mio lavoro prende formalmente avvio da quelle figure per poi divenire uno studio sulla permanenza mentale dell’immagine. È stata realizzata coprendo con un cartone nero bucato lo schermo di un televisore acceso e lasciando che l’ampia apertura dell’obiettivo e i rapidi movimenti di camera nel buio registrassero delle scie luminose. Periodicamente, ma non percepita come tale, compare per breve tempo (con intento subliminale) un’immagine del tutto fuori contesto.

La parte musicale viene eseguita dal vivo sulla proiezione del video e senza partitura. Pur circoscritta in un ambiente compositivo ben definito, l’improvvisazione si realizza agendo su 21 parametri di controllo per la trasformazione di un frammento di 30” estratto dal film. L’algoritmo di elaborazione (scritto in Csound e controllato via Max/MSP) è una sintesi additiva di 100 sinusoidi estratte dal materiale di partenza.

Ogni capitolo del libro The IPCRESS File porta in testa una citazione astrologica, perciò il titolo di ciascuno dei brani che costituiscono la mia serie è ricavato dal mio oroscopo per il giorno in cui comincio a lavorare: “Il transito ostile della luna”, “Potrete incappare in un contrattempo”, “Le stelle suggeriscono nuove opportunità”, “Vivrete una settimana all’insegna della stabilità”.

Un ringraziamento a Matteo Ricchetti che ha trasformato un rimedio alla mia imperizia con la tecnologia video ne Il transito ostile della luna in un significato.

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Un avatar del diavolo

(2005) teatro musicale per due attori e live electronics su testi di Antonin Artaud tratti da “Pour en finir avec le jugement de dieu” e altri scritti (editore Gallimard), con una citazione da Visage di Luciano Berio (editore Universal Edition) [45’]

Prima esecuzione assoluta: XXLVI Festival Internazionale di Musica Contemporanea, Venezia, 30 settembre 2005, Arsenale, Teatro Tese delle Vergini)

Ideazione e musiche: Roberto Doati

Video: Paolo Pachini (attrici: Marta Paola Richeldi, Shila Anaraki)

Attori: Giorgio Bertan e Marta Paola Richeldi

Regia e montaggio del testo: Giuseppe Emiliani

Disegno luci: Mauro Marri

Sistemi e interfacce multimediali: InfoMus Lab, DIST-Università di Genova

Oggetti scenici di Charles Eames: vitra.

Citazione da Visage di  Luciano Berio: Universal Edition e Talia Pecker Berio

Commissione: La Biennale di Venezia

Realizzata con una borsa della MacDowell Colony

«Da questo scontro tra il disordine morale e l’anarchia cattolica, e l’ordine pagano, lo spettacolo può far scaturire inaudite conflagrazioni di forze e di immagini, costellate qua e là di dialoghi brutali. E questo attraverso lotte fra uomo e uomo ognuno dei quali porta in sé come stimmate le idee più opposte».

«Fare la metafisica del linguaggio articolato significa […] frazionarlo e distribuirlo attivamente nello spazio».

«L’accavallarsi delle immagini e dei movimenti condurrà, mediante collusione di oggetti, silenzi, grida e ritmi, alla creazione di un autentico linguaggio fisico, fondato sui segni e non più sulle parole».

«Ma anziché limitare queste dissonanze all’orbita di un solo senso, le faremo passare da un senso all’altro, da un colore a un suono, da una parola a una luce, da una trepidazione dei gesti a una tonalità piana di suoni ecc. ecc.».

Le citazioni da Il teatro e il suo doppio che ho scelto per accompagnare il progetto dovrebbero essere sufficienti a spiegare perché un compositore che da quasi trent’anni dedica la sua attività all’uso di nuove tecnologie per lo sviluppo di un linguaggio in equilibrio fra mimesi e astrazione, e silentemente votato all’invettiva, abbia pensato ad Artaud.

Ma d’altro canto la perenne preoccupazione che il significato di quanto faccio sia accessibile, mi spinge qui a ricomporre con un solo senso alcuni dei suoni, delle immagini e dei movimenti che insieme a Paolo Pachini e Giuseppe Emiliani abbiamo frazionato e  incrociato per dare vita a Un avatar del diavolo.

Il termine avatar (che in sanscrito indica una divinità incarnata) viene usato da Artaud, con il significato sia di “disavventura” che di “metamorfosi”, nel sottotitolo del suo ultimo testo “Pour en finir avec le jugement de dieu” diventa l’odierno “avatar” informatico, sorta di alter ego elettronico. Il titolo dello spettacolo intende infatti definire le fondamenta del progetto: l’idea del doppio (Dio alter ego di Lucifero? Gli escrementi alter ego dello spirito?) e il linguaggio elettronico (alter ego di Lucifero?).

La composizione musicale utilizza la tecnologia informatica per trasformare e proiettare in tempo reale nello spazio fisico, suoni e parole dei due personaggi in scena (Giorgio Bertan e Marta Paola Richeldi), in bilico continuo fra logocentrismo e melocentrismo. Tutto ciò senza nulla togliere al gesto, ai movimenti, all’articolazione verbale. L’aspetto visivo è infatti interlocutore privilegiato della musica, sia con video realizzati ad hoc, sia con l’uso di sistemi interattivi che consentono la trasformazione del suono attraverso il gesto degli attori. Nella quarta scena, ad esempio, l’attore si muoverà carezzando eroticamente una sedia degli anni ‘40 di Charles Eames (che insieme a un paravento dello stesso designer americano, prodotti da vitra., e una radio polacca degli anni ’40 costituisce i pochi oggetti scenici). Questi suoi movimenti produrranno trasformazioni della voce dell’attrice, generando anche sospiri di desiderio, di piacere e di angoscia, a seconda del tipo di gesto, “riconosciuto” dalla sedia grazie alla tecnologia messa a punto da InfoMus Lab (DIST-Università di Genova).

La scelta del testo potrebbe sembrare presuntuosa data la grande notorietà che gode nel mondo del teatro, ma la vera ragione risiede nel fatto che era mio desiderio riportarlo nel suo contesto originale. Il testo fu infatti creato da Artaud per la radiodiffusione, peraltro mai avvenuta perché incappata nella censura  (così come Visage di Luciano Berio che viene infatti citato nella quinta scena per gentile concessione di Universal Edition e Talia Pecker Berio), quindi utilizzando un mezzo che fin dagli inizi dell’esperienza elettroacustica è stato considerato privilegiato per la diffusione del nuovo pensiero musicale. Anzi, possiamo proprio considerare la nascita della musica concreta (Parigi, 1948) come liminare al lavoro di Artaud.

Il 4 settembre 1948, esattamente 6 mesi dopo la morte di Artaud, Wladimir Porché, direttore generale della Radiodiffusione Francese (RDF) nonché colui che pose il divieto di messa in onda di Pour en finir, inaugura il CER, centro di studi radiofonici per le trasmissioni sperimentali.

La Scena

Due attori in palcoscenico. Tre oggetti, tutti degli anni ’40 del XX secolo: una sedia e un paravento entrambi di Charles Eames (cortesia vitra.), una radio polacca. La sedia ha 3 microfoni nascosti che captano acusticamente i gesti compiuti dall’attore. Il paravento è dotato di sensori di prossimità che misurano i movimenti intorno ad esso. La radio ha due potenziometri e un interruttore MIDI, un sensore di prossimità. Tutte le informazioni che provengono dagli oggetti, sono trasformate in segnali MIDI per controllare la trasformazione delle voci in tempo reale. I video sono proiettati su 3 schermi: due sopra il boccascena, uno in palcoscenico.

Storyboard

Charles Eames plywood chair, 1946 (cortesia vitra.)
Charles Eames plywood screen, 1946 (cortesia vitra.)
Radio polacca (Anni Quaranta)
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Allegoria dell’opinione verbale

(2000) per attrice, live electronics e sistema interattivo EyesWeb [10’]

Prima esecuzione assoluta: Stagione Gran Teatro La Fenice, Teatro Malibran, Venezia, 26 settembre 2001

Attrice: Francesca Faiella Regia del suono e EyesWeb: Roberto Doati

La raccolta di testi di Gianni Revello da cui ho tratto quelli per questo lavoro, prevede una scelta libera per la sua lettura/esecuzione (L’esecuzione può consistere nella sola lettura – piana, non enfatica, o come si vuole – o anche assumere, con ogni modalità, forma musicale, o ancora assumere qualsiasi forma: visiva, scenica, altro – ogni altro codice di comunicazione), sia nel numero che nell’ordine. Nel compiere questa scelta ho realizzato un percorso attraverso nomi, luoghi, temi della mia vita che spesso ho condiviso con Revello. Sicuramente non ho costruito una storia con personaggi immersi in una drammaturgia; il mio obiettivo era rendere palese il non-senso occulto di una vita senza tradirne l’incongruità.

La protagonista è sola sul palcoscenico e pronuncia questi nomi, luoghi, temi, come se li vedesse dentro di sé, come se li ricordasse, ricordasse di averli conosciuti, vissuti. Ma con la coscienza dell’ineluttabilità dello svanire di queste immagini ad ogni parola, ogni nome pronunciato. Non può fare a meno di descriverle, ma sa che mentre lo fa il suo mondo interiore scompare, per questa ragione si osserva mentre parla, osserva il vuoto che c’è in lei, e che lei stessa sta creando mentre parla. Per questo lotta con la sua stessa voce sdoppiata: con il movimento delle labbra cerca di fermarla, la rallenta, la accelera, la rovescia, la deforma perché la realtà attraverso il senso della parola non esca da lei. Sa che la realtà è un escremento dello spirito (Antonin Artaud), e che descrivendola è come se evacuasse.

Ma alla fine ci rendiamo conto che il suo sé si è nel frattempo riempito dei “grassi semi” della nostra credulità. In una sorta di cannibalismo, si nutre quindi della spiritualità dell’ascoltatore, della sua delusione: è sufficiente per continuare a vivere.

Durante la performance l’attrice è seduta di fronte a un monitor TV, guardando se stessa; ma anche il pubblico vede il suo volto proiettato su un grande schermo in palcoscenico.

Per realizzare il sistema interattivo ho utilizzato un software realizzato dal DIST (Laboratorio di Informatica Musicale dell’Università di Genova). Grazie all’aiuto degli ingegneri del DIST, ho composto una patch che segue il movimento delle labbra (colorate con un rossetto blu) dell’attrice, e l’area, altezza e larghezza del rettangolo di ingombro di tale movimento, opportunamente convertiti in segnale MIDI, vengono inviati a una patch di CSound per controllare in tempo reale i parametri di una risintesi della voce della stessa attrice precedentemente analizzata con la tecnica di Phase Vocoder e salvata su file separati. Il risultato è una sorta di doppio in cui, oltre all’attrice dal vivo, si sente la sua voce modificata in velocità, direzione (diritto/rovescio), o ‘spezzata’ in 50 filtri, ciascuno con un ritardo o una trasposizione diversi.

Studio per Allegoria dell’opinione verbale. Attrice: Francesca Faiella

Testi tratti dalla raccolta ”Il titolo a piacere segue le note” di Gianni Revello

Le lettere in grassetto maiuscolo che compaiono nel testo indicano la presenza durante l’esecuzione di un elemento più o meno estraneo al contesto.

Se s’immagina che racconto la mia vita
solo per far passare il tempo a qualcuno.
Ancora quattro settimane prima ero una creatura.
Polvere di marmo, calore, fatica,
fulmini, tuoni. Scuotono gli orecchi-ni-chelati.
E corse a casa con la testa in fiamme. Questo è il Lavoro!
Pace. Si guarda il polsino,
che cosa sta facendo quell’ape che indugia attorno alla mia scarpa?

Biologia e computer.
Immaginiamo una città enorme,
in cui ogni casa abbia diecimila linee telefoniche,
che la connettono con diecimila altre case,
che se ne stanno a loro volta su banchi di corallo inestesi
non fuori del comune.
Come emerge dalle pubblicazioni popolari
“A proposito, come stai a denaro?”
il divario tra ciò che una cosa è
e cosa non è
tromba divien l’oggetto ov’ei risoffia.
Ricapitoliamo,
se gioca un bluff, posso giocarlo anch’io,
in che consiste la differenza?

Io, UUUUU, dico per esempio:
ora, appoggiato a un pilastro,
emetterò da più fonti ottantotto grida altissime
e un bisbiglio
‘Phà!
SSSSS
al centro della sala
lascia cadere giù i due sacchi.
Urla, fischi, trombette.
Non mi sembra che vi sia un nesso.

Venezia ciclopica immobile
scimmia dalla fisionomia sua mimetica
forata da poche finestre le gambe deformi
s’impone, puttanangola, a esempio edificante
l’uomo che ha sognato l’Atlantide
l’ha fatta anche scomparire

Il privilegio della coincidenza in Heisenberg,
trasmesso per calli e tempeste,
compare nelle lezioni di scienza divulgativa.

La fisica ha un’affinità
con l’inutile chiamata in una bizzarra commedia notturna.
Nulla scassinato all’alba.

Il fascino del vecchio attore, lo zoccolo.
La gioventù, lente le spalle,
che esige la palude del sapere.

Confesso
che comporre un titolo segreto
per voci, tromba fitta, frutti cavi
dà da
riflettere.

L’intellettuale ha una resistenza alla scelta del bagno
parallela a quella per la conversazione.
Sicuro inverno, bagno modesto.

Il silenzio, per TTT, è aberrante.
Comporre a misura d’ape,
lo strepito della fantascienza
– odori seducenti.

In mezzo agli strumenti,
la musica,
indipendente,
partecipa da lontano, media,
immediata,
per un pezzo bendato, non sospesa.

M gira,
vagamente nervoso,
alla riva
contempla l’infinito,
allegoria dell’opinione
verbale.

Circa nove mesi dopo
cadde in un sonno profondo, sulfureo.
L’inattività delle infiorescenze,
la linea squisita del mento e del collo,
brezza, etere, deriva.
Rapidamente diminuì il suo vocabolario.
Tra angeli di marmo,
fece un cenno al figlio, si turbò.
In breve tempo le buone leggi lo snervarono.
Dal microfono
a strattoni,
un eccentrico motivo
color rosso scuro.

Il respiro della vallata, a ponente,
bianchi rosicchiando anni, ordini,
sospeso, interrogativo, d’impermeabile.
VV riavvolto
chiama la musica del possibile
il genere pagato.
Lo diverte.
La tela di profilo.

Basta lacrime.
Il monte inginocchiato alla vallata.
Le feste lunari hanno il sapore sbattuto delle musiche moderne.
RR non ne capiva il canto, il respiro.

Un momento.
Attenzione.
Ritmo a balzi.
Lo spazio del classico.
Comprensione infantile, favolosa. PP.

Da un pezzo
il lettore sperpera i grassi semi della credulità
mentre brucia di delusione.
È sufficiente.

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A rule of thumb. Omaggio a JD

(2014) live electronics solo (8 canali) [durata variabile]

Prima esecuzione assoluta: Festival « Nuova Consonanza », Roma, 3 dicembre 2014

L’opera nasce da un invito di James Dashow a partecipare ai festeggiamenti per i suoi 70 anni che Nuova Consonanza organizza a Roma nel 2014.

Invece di proporre qualcosa di già composto, mi sembrava più rispettoso del contributo dato da Dashow alla musica elettronica e della considerazione che ho per i molti preziosi consigli che l’amico James ha profuso con generosità agli inizi della mia carriera di compositore a Padova, creare una composizione d’occasione.

La maggior parte del materiale di partenza è costituito da 5 frammenti (tutti suoni di sintesi) tratti  dal suo In winter shine (1983). Le componenti che ottengo dall’analisi spettrale sono utilizzate per sintetizzare in tempo reale timbri e altezze con processi simili a quelli usati da James nel proprio sistema per diadi (Dyad System), ma non con il suo stesso rigore. Piuttosto secondo un principio euristico che gli anglosassoni (anche se questo modo di dire esiste in molte e più antiche culture, a partire da quella persiana) definiscono rule of thumb. Questo perché molti anni fa feci a James la spiritosa proposta di applicare a rule of thumb per una sua composizione sulle qualità sonore di una pirofila percossa con il pollice che tanto lo affascinavano. E sono proprio questi suoni, da me oggi registrati e convoluti con i frammenti sintetici di James, che concludono la mia musica ad esprimere tutta la mia affettuosa riconoscenza a JD.

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La presentazione del piatto

(2013) musica elettroacustica in cucina. Cuoco: Luigi Zanco [durata variabile]

Questa composizione ha origine dai materiali sonori utilizzati negli ultimi tre minuti di “Seppie senz’osso”, V episodio del progetto videomusicale Titolo segreto per quadrati, tromba fitta, frutti cavi, nato dalla collaborazione con il cuoco Gigi Zanco e il video compositore Paolo Pachini.

Perché la cucina? Perché Arte culinaria e Arte musicale hanno molte affinità: esiste una tradizione fatta di ricette (per la musica: l’armonia, il contrappunto, le forme classiche) e si parte da materiali base comuni (i suoni) per farne, attraverso innumerevoli tecniche di trasformazione,  materiali complessi (le strutture sonore) che aggregati daranno vita al piatto (all’opera musicale).

La parte finale di Seppie senz’osso è, appunto, la presentazione del piatto. Contenuta nello spazio visivo che Paolo Pachini le aveva destinato nell’architettura dell’intero video, aveva stimolato in me la generazione di una quantità di materiali maggiore di quanto non fosse necessario. Ho così pensato di trattare in tempo reale tale materiale in funzione di una forma autonoma, indipendente da suggestioni visive e gastronomiche.

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Accidenti agli armonici! Omaggio a BP

(2007) musica elettroacustica per live electronics [durata variabile]

Prima esecuzione assoluta: Festival “L’Espace du Son”, Bruxelles, 20 ottobre 2007

Commissione: Musiques et Recherches, Bruxelles

L’opera nasce da un invito a partecipare ai festeggiamenti che Musiques & Recherches realizza a Bruxelles nell’ambito del festival “L’Espace du Son” per gli 80 anni di Bernard Parmegiani. Un’opera breve, che si inserisce in una suite di altre opere di compositori diversi.

Invece di proporre qualcosa di già fatto, mi sembrava più rispettoso del grande contributo dato da Parmegiani alla musica del XX secolo, creare una composizione d’occasione. Meno rispettosa, forse, è stata la scelta  di usare come materiale di partenza un brano tratto dal suo De Natura Sonorum (1975), ma volevo considerare la musica di Parmegiani alla stregua di un materiale ‘naturale’, concreto, e quindi suscettibile di trasformazioni sonore e formali.

Accidents/Harmoniques mi ha stimolato per la sua ricchezza sonora, ma anche per un gioco di significati: accidenti a Rameau, che fonda il sistema tonale sugli armonici naturali e imbriglia le espressioni che sempre più, nel corso del XX secolo, si sono allontanate da esso!

Accidenti agli armonici! è la registrazione di un’esecuzione in tempo reale da me realizzata con un ambiente esecutivo che, a partire da un’analisi Phase Vocoder di  Accidents/Harmoniques, mi consente di risintetizzarlo controllando singolarmente 100 componenti attraverso trasposizioni, inviluppi spettrali, ritardi. Deve perciò essere considerata come uno dei tanti possibili risultati musicali di questa esplorazione dello spazio spettrale (durante la quale per incidente emergono con evidenza gli armonici naturali, accidenti!), a sottolineare che nulla di definitivo si può dire sull’opera di Parmegiani. Ho previsto anche un’esecuzione controllata gestualmente da un mimo.

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Da gaie lande

(2018) per voce bianca ed elettronica ad libitum [2’] su una poesia di Christian Morgenstern tratta da Galgenlieder (1905)

Prima esecuzione assoluta della versione per sola voce: Chiesa di San Torpete, Genova, 1 giugno 2019

Voce bianca: Marta Cereda

Commissione Fondazione Giorgio e Lilli Devoto

Quando fui invitato a far parte del gruppo di compositori che avrebbero dovuto mettere in musica i testi dello zoo di Morgensten, Galgenlieder, non seppi resistere alla tentazione di fare riferimento a Gesang der Jünglinge. Un riferimento per così dire blando, perché né le dimensioni (2’), né la destinazione di questo mio lavoro (voce dal vivo) potevano lontanamente avvicinarsi al complesso ed elaborato processo di composizione del capolavoro di Stockhausen.

Ho iniziato distribuendo le sillabe del testo in una matrice:

Poiché la colonna (9) rappresenta o una pausa o una sillaba esclusivamente parlata, e quindi al di fuori di ogni attribuzione parametrica, ho creato le cinque matrici per altezza, istante di inizio, durata, dinamica e timbro in dimensioni di 8 x 8, procedendo poi con permutazioni come in un classico sistema seriale.

La serie delle altezze adottata è una sequenza di 7 toni interi:

Mentre ho utilizzato le prime quattro matrici (a partire da serie diverse) sia per la voce che per l’elettronica, la matrice del timbro è servita a comporre solo la parte elettronica. I suoni che ne compongono la ‘scala’, tutti ottenuti da una registrazione della voce bianca, sono i seguenti:

  1. sinusoide come filtraggio di una o più componenti (in funzione dell’intensità) della voce bianca
  2. sinusoide che glissa
  3. parlato (anche accordi)
  4. gruppi di impulsi (da consonanti vibranti o occlusive in loop)
  5. rumore bianco (da consonanti sibilanti e fricative)
  6. rumore bianco che glissa
  7. vocoder con tigre
  8. vocoder con zanzara.

Testo (traduzione italiana di Nicola Ferrari)

Das GeierlammLa tigre-zanzara
Das Lämmergeier ist bekannt,
das Geierlamm erst hier genannt.

Der Geier, der ist offenkundig,
das Lamm hingegen untergrundig.

Es sagt nicht hu, es sagt nicht mäh
und dich auf aus nächster Näh.

Und dreht das Auge dann zum Herrn.
Und alle haben’s herzlich gern.
Una zanzara-tigre Linneo l’ha già censita
ma una tigre zanzara non si sapeva in vita.

La tigre è grande, ardita;
la zanzara: si schiaccia con le dita.

Non dice zzzz, non dice ahhh –
se ti avvicini, ti sbranerà:

strabuzza gli occhi, guarda assassina
ma a tutti pare soltanto carina.

La partitura è pubblicata in: Christian Morgenstern Galgenlieder. Un bestiario improbabile tradotto da Nicola Ferrari in trascrizioni, travestimenti e fanfole, Fondazione Giorgio e Lilli Devoto in Genova, 2019.

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ANTIDINAMICA

per Gianpaolo Antongirolami (2015-2016) da 1 a 4 sassofoni e live electronics [10’-18’]

Prima esecuzione della versione per sax soprano: XXI CIM, Museo delle cere anatomiche Clemente Susini,  Cagliari, 29 settembre 2016

Sax soprano: Gianpaolo Antongirolami

Live electronics: Roberto Doati

Prima esecuzione della versione per 4 sassofoni: EMUFest, Sala Accademia del Conservatorio Santa Cecilia, Roma, 26 ottobre 2016

Quartetto SAXATILE (Enzo Filippetti, Filippo Ansaldi, Michele D’Auria, Danilo Perticaro)

Live electronics: Roberto Doati

Versione per sax soprano (Gianpaolo Antongirolami sax, Roberto Doati live electronics)

La composizione ha inizio con l’elaborazione, in tempo reale, della registrazione di un’improvvisazione di Gianpaolo Antongirolami (sax contralto) per la mia opera Il domestico di Edgar. L’analisi spettrale di questa elaborazione, che non contiene più alcun suono riferibile alla sorgente acustica, definisce la partitura per i sassofoni in ANTIDINAMICA. Il sassofonista può scegliere e cambiare il metronomo (semiminima da 20 a 120) ad ogni pagina, così come quali e quanti pentagrammi eseguire, fra i 6 di ogni pagina, ma entro una durata stabilita (minimo 6’, massimo 12’) . Nei restanti 4’ (massimo 6’) prosegue improvvisando liberamente sulla memoria di quanto precedentemente letto.

L’interprete al live electronics improvvisa liberamente sui parametri di un ambiente costituito da una convoluzione con impulsi filtrati e inviati a 4 ritardi in parallelo con traspositore nel feedback, dapprima sulla registrazione usata per generare la partitura e poi sui sassofoni dal vivo.

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Stecche

(2008) per pianoforte, iperviolino e live electronics [12’]

Prima esecuzione assoluta: Sala Tartini del Conservatorio “Giuseppe Tartini”, Trieste, 24 novembre 2010

Pianoforte: Gianni Della Libera

Live electronics: Roberto Doati

Realizzata con una borsa della Kulturhuset USF di Bergen (N)

La parte per pianoforte si basa su l’opera 72 di Grieg Slåtter, danze contadine norvegesi per pianoforte (nn. 1, 6 e 14). Nelle prime due parti il pianista suona lo strumento con la sola mano sinistra, mentre sul polso della mano destra è fissato il braccialetto dell’Iperviolino, un insieme di sensori e convertitore analogico-MIDI costruita da Matteo Ricchetti per la mia composizione bastone armonico (1999) per violino ed elettronica. Si tratta in un certo senso di un’estensione dello strumento acustico che permette di rilevare il gesto dell’esecutore e utilizzarlo come controllo per cambiare i parametri dell’elettronica.

Qui il pianista mima il gesto del violinista che tira l’arco in quanto i pezzi dell’opera 72 sono trascrizioni (meglio: riscritture) di musiche popolari nate per il caratteristico violino norvegese chiamato Hardingfele, dotato di 4 o 5 corde di metallo che vibrano per simpatia al di sotto delle convenzionali 4 corde tese sulla manico. Nella terza parte della composizione il braccialetto è sul polso sinistro e il pianista suona con entrambe le mani.

Le tre parti hanno un grado di complessità crescente di elaborazione dei materiali di Grieg: citazione di semplici articolazioni (1), riscrittura vicina all’originale (2), grande deformazione (3).

La parte elettronica sostanzialmente crea le risonanze tipiche dell’Hardingfele che si sovrappongono o moltiplicano con quelle del pianoforte attraverso il controllo gestuale del pianista.

L’opera è stata realizzata durante una residenza presso il Kulturhuset USF di Bergen (Norvegia).

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d’yn, n’yn, b’yt, spyrty, d’yl

(2002) cinque pezzi per voce femminile, maschile e nastro a 8 tracce [16’ 34”]

Prima esecuzione assoluta: Basilica di Santa Maria in Montesanto, Roma, 5 dicembre 2003

Voce femminile: Alessandra Vavasori

Voce maschile: Antonio Bortolami

Regia del suono: Roberto Doati

Commissione: Lanfranco Menga per Ensemble Oktoechos

Il ciclo “Sopra i monti degli aromi” è un percorso attraverso il Cantico dei Cantici tracciato da canti gregoriani, polifonie medievali e composizioni originali con elaborazioni elettroacustiche realizzato con l’Ensemble Oktoechos diretto da Lanfranco Menga, su progetto di Emanuele Pappalardo, Paolo Pachini, Lanfranco Menga e Roberto Doati.

Le linee guida per la composizione di queste cinque opere sono state indicate dai concetti di unione e di dualità: ille e illa del testo del Cantico, l’erotismo carnale e l’amore spirituale, l’umano e il sacro. La scrittura vocale si basa su poche altezze con molte ripetizioni, a indicare l’appartenenza alla terra, ma questa sorta di hochetus viene spezzato da note acutissime che indicano un’aspirazione, non sempre raggiunta, al cielo, alla spiritualità, oppure da brevi frasi parlate, articolazioni vocali corporali. Quest’ultime si integrano con le registrazioni fatte in momenti di vita quotidiana dei due cantanti (Alessandra Vavasori e Antonio Bortolami), così che ognuno degli interpreti si manifesti attraverso la spiritualità (il canto) e la corporeità (il parlato). La parte elettronica realizza idealmente il concetto di unione avvalendosi della tecnica di convoluzione sottolineando la fisicità della voce, registrata molto da vicino, e la sua evanescenza negli spazi riverberanti di una chiesa: le relazioni di frequenza fra le parziali di una voce (o un coro) maschile sono modellate dall’inviluppo spettrale di un coro (o una voce) femminile. Tutti i materiali vocali utilizzati provengono da interpretazioni dell’Ensemble Oktoechos di opere del passato su testi del Cantico: d’yn e n’yn sono convoluzioni fra esecuzioni maschili e femminili delle antifone “Jam hiems” e “Veni electa mea”;b’yt, per voce femminile ed elettronica, è un’elaborazione da un frammento della Sequenza “O ecclesia” di Hildegard von Bingen. Illa abbandona il suo letto ed esce nella notte a cercare l’amato; spyrty è il duetto dell’amore ed è basato su “Tota pulchra es, anima mea” di Heinrich Isaac: spyrty I per sola elettronica, spyrty II per voci maschile e femminile ed elettronica. Non è proprio un canto di unione, è piuttosto un muoversi fianco a fianco, in parallelo, anche se il primato della donna nel testo si rispecchia nella distribuzione delle parti vocali. La scrittura vocale è la trascrizione delle risonanze che si creano con la convoluzione di diverse parti del mottetto, mentre la parte elettronica alterna lunghe risonanze a vivaci sequenze di grani vocali; d’yl, per voce maschile ed elettronica sulla Sequenza “In multo desiderio” di Hildegard von Bingen, rappresenta l’attesa. Ille invita l’amata a svelargli il suo volto e a fare udire la sua voce. È una proposta di intimità, resa con il “contrappunto” delle loro voci registrate che manifestano gioia, sorpresa, entusiasmo, sospiri erotici.

Testi

b’yt

In lectulo meo per noctes
quaesivi quem diligit anima mea
quaesivi illum et non inveni.

Expoliavi me tunica mea, quomodo induar illa?
lavi pedes meos, quomodo inquinabo illos?

Sul mio letto, lungo la notte,
ho cercato l’amore dell’anima mia,
l’ho cercato e non l’ho trovato.

Mi sono già levata la tunica, come indossarla di nuovo?
Mi sono lavata i piedi, come potrei sporcarmeli di nuovo?

spyrty II

Ille Ecce tu pulchra es amica mea
ecce tu pulchra, oculi tui columbarum.

Illa Ecce tu pulcher es dilecte mi et decorus,
lectulus noster floridus

tigna domorum nostrarum cedrina
laquearia nostra cypressina.

Lui Quanto sei incantevole mia amata,
quanto sei incantevole!
I tuoi occhi sono colombe.

Lei Quanto sei incantevole mio amato, quanto sei affascinante!
Il nostro letto è lussureggiante:

pareti della nostra casa sono i cedri,
nostro soffitto i cipressi.

d’yl

Surge amica mea speciosa mea et veni,
columba mea in foraminibus petrae
in caverna maceriae.
Ostende mihi faciem tuam
sonet vox tua in auribus meis
vox enim tua dulcis et facies tua speciosa.

Alzati, mia amata, mia bella e vieni via,
o mia colomba che ti annidi nelle fenditure della roccia, negli anfratti dei dirupi.
Fammi vedere il tuo viso,
fammi sentire la tua voce
perché la tua voce è soave e il tuo viso affascinante.