Si tratta della composizione algoritmicamente più complessa e allo stesso tempo musicalmente più semplice di quelle che compongono un più ampio progetto dal titolo “Lo spirito del rischio” che presenta opere di Anthony Braxton per sax solo e di Roberto Doati per elettronica ispirate alle musiche di Braxton. Innanzitutto ho suddiviso la composizione RFO – M°-F (32) (1972) di Anthony Braxton (incisa su LP America 30 AM 011-012) in 32 sezioni. Ogni sezione è stata sottoposta a diversi tipi di trattamento del segnale, ma con l’obiettivo finale di sciogliere l’armonia interna dei suoni di Braxton in una sorta di canto, quasi evocando quello degli uccelli. RFO – M°-F (32) è infatti dedicataa Dave Holland, che nello stesso anno esordiva come leader nel disco “Conference of the Birds”. I vari strati che compongono la mia musica sono:
una risintesi, mediante Phase Vocoder, di singole parziali dei suoni di sax controllate nel tempo e nella disposizione stereofonica grazie al generatore di eventi CMask
tre diversi tipi di convoluzione utilizzando alternativamente suoni di sax, suoni del contrabbasso di Dave Holland, canti di uccelli
una modulazione di ampiezza di canti di uccelli su deconvoluzione dei suoni di sax.
(2023) musica elettronica con sassofono contralto ad libitum [7’35”]
Il materiale di partenza sono le registrazioni del sassofono contralto suonato da Gianpaolo Antongirolami a cui ho chiesto di esemplificare i 12 languagetypes codificati da Anthony Braxton per i suoi solo: 1. Long Sound 2. Accented Long Sound 3. Trills 4. Staccato Line Formings 5. Intervallic Formings 6. Multiphonics 7. Short Attacks 8. Angular Attacks 9. Legato Formings 10. Diatonic Formings 11. Gradient Formings 12. Sub-Identity Formings. La registrazione è stata effettuata in un ambiente grande usando 8 diversi microfoni: stereo ORTF e binaurale collocati in punti diversi ma lontani dalla sorgente sonora, mono a clip su campana, mono lavalier sulla guancia del sassofonista, mono dinamico a 50 cm dallo strumento, mono a contatto sulla campana.
L’analisi formale di KSZMK PQ EGN (1979) di Anthony Braxton ha determinato la struttura algoritmica degli strumenti Csound che ho usato. Per ognuna delle 19 sezioni analizzate, creo quattro strati sovrapposti e mixati con inviluppi dinamici:
Strato 1: date una durata di sezione e un numero di ripetizioni, leggo alcune delle registrazioni di Antongirolami (language type 7, 8 e 11 sulle 8 tracce, con prevalenza della traccia registrata con microfono a contatto che esalta i rumori delle chiavi)
Strato 2: loop con mescolamento di brevi frammenti dello strato 1
Strato 3: sintesi modale (7 parziali) usando come eccitazione lo strato 1
Strato 4: sintesi modale (7 parziali) usando come eccitazione lo strato 2.
JRYLJ OP DFM può essere suonato insieme all’esecuzione di KSZMK PQ EGN così come registrata da Anthony Braxton nel disco “Alto Saxophone Improvisations 1979”, Arista – A2L 8602.
JRYLJ OP DFM è una delle composizioni che compongono un più ampio progetto dal titolo “Lo spirito del rischio” che presenta opere di Anthony Braxton per sax solo e di Roberto Doati per elettronica ispirate alle musiche di Braxton.
Il materiale di partenza sono le registrazioni del sassofono contralto suonato da Gianpaolo Antongirolami a cui ho chiesto di esemplificare i 12 languagetypes codificati da Anthony Braxton per i suoi solo: 1. Long Sound 2. Accented Long Sound 3. Trills 4. Staccato Line Formings 5. Intervallic Formings 6. Multiphonics 7. Short Attacks 8. Angular Attacks 9. Legato Formings 10. Diatonic Formings 11. Gradient Formings 12. Sub-Identity Formings. La registrazione è stata effettuata in un ambiente grande usando 8 diversi microfoni: stereo ORTF e binaurale collocati in punti diversi ma lontani dalla sorgente sonora, mono a clip su campana, mono lavalier sulla guancia del sassofonista, mono dinamico a 50 cm dallo strumento, mono a contatto sulla campana.
L’analisi formale di 104-KELVIN M-18 (1979) di Anthony Braxton ha determinato la struttura algoritmica dello strumento Csound che, date una durata di sezione e un numero di ripetizioni, va a leggere le registrazioni di Antongirolami suddivise in Language Type (12) e tracce (8). Per ogni frammento di sax le tracce scelte, in modo random o deterministico, sono sempre due e vengono associate una al canale destro e una al sinistro. In tal modo si verificano dei salti di spazialità del suono che creano inusuali alterazioni percettive. L’unico trattamento applicato è la convoluzione con musiche che hanno avuto un’importante influenza su Braxton: della tradizione africana, blues (Muddy Waters), jazz (Coltrane, Coleman).
-169,15 Celsius è una delle composizioni che compongono un più ampio progetto dal titolo “Lo spirito del rischio” che presenta opere di Anthony Braxton per sax solo e di Roberto Doati per elettronica ispirate alle musiche di Braxton.
Da sempre dedico la massima attenzione a quella che generalmente si definisce la fase pre-compositiva. È un atteggiamento che mi deriva dalla frequentazione degli artisti concettuali negli anni ’70 e della musica di John Cage.
Il ‘cambiamento’ del titolo è infatti riferito alla Music of Changes (1951) per pianoforte, prima opera del compositore americano a usare esclusivamente quale strumento processuale, l’I-ching, antico libro degli oracoli cinesi organizzato in 64 esagrammi. Da Music of Changes ho tratto la divisione formale in quattro Libri, ricalcandone la divisione in 4 Libri e loro durata dei Books di Cage, e soprattutto l’ispirazione per il processo generativo non intenzionale degi eventi sonori della mia composizione.
La tecnica adottata è quella della convoluzione. Si inizia con la deconvoluzione di estratti (1’ circa) da opere strumentali del II Dopoguerra con brevi frammenti di suoni strumentali di tipo impulsivo. In tal modo ottengo delle risposte all’impulso (IR) che userò per la convoluzione con 8 tipi di materiali (Ecc) diversi, ciascuno con 8 suoni diversi:
Suoni strumentali impulsivi
Suoni concreti impulsivi
Suoni elettronici impulsivi
Suoni strumentali + concreti impulsivi
Suoni strumentali + elettronici impulsivi
Suoni strumentali continui
Suoni concreti continui
Suoni elettronici continui
Gli IR sono organizzati in 4 matrici ‘mobili’ (una diversa per ogni Libro) di 8 x 8, mentre le Ecc in un’unica matrice 8 x 8 ‘immobile’ che viene usata per tutti e 4 i Libri. Il prodotto di queste due matrici mi dà quindi 4096 strutture possibili per ogni Libro. Fine della Teoria. La Pratica: la convoluzione di Ecc e IR, estratti aleatoriamente in una densità variabile compresa fra 1 e 8, genererà gli eventi sonori da collocare nel tempo secondo una successiva estrazione aleatoria. La natura percussiva del pianoforte viene appena evocata nei primi due Libri, ogni evento è come una scia, una rifrazione dei gesti pianistici su un prisma sonoro (“duration, color, speed focus” scrive Cage nel suo quaderno di appunti). Mentre nei Libri III e IV mettiamo sempre più a fuoco i suoni del pianoforte di David Tudor.
Nel 2024 il John Cage Trust e l’editore Peters/Wise Music autorizzano l’esecuzione simultanea di Music of Changes e Teoria e pratica del cambiamento.
Studi I-IV (2020-2021) musica elettroacustica [6′ 57″]
Prima esecuzione assoluta: GOG – Teatro Akropolis, Genova, 11 maggio 2023
Studio V (2020-2021) musica elettroacustica [6’ 21”]
Prima esecuzione assoluta: GOG – Teatro Akropolis, Genova, 11 maggio 2023
Studio VI (2021) musica elettroacustica [25’ 49”]
Prima esecuzione assoluta: XXIII Colloquio di Informatica Musicale, Auditorium della Mole Vanvitelliana, Ancona, 26 ottobre 2022
Studio VII (2020-2021) musica elettroacustica [7’ 02″]
Prima esecuzione assoluta: REF Resilience Festival, Foggia, Teatro della Piccola Compagnia Impertinente, 26 settembre 2021
Studio VIII (2020-2021) musica elettroacustica [1’ 45”]
Prima esecuzione assoluta: GOG – Teatro Akropolis, Genova, 11 maggio 2023
La forza senza legge non ha forma,
ha solo un istinto e una durata
David Foster Wallace
Gli Studi I-VIII prendono ispirazione dai Klavierstücke I-VIII di Karlheinz Stockhausen. Questi lavori per pianoforte ruotano intorno all’esperienza elettronica degli Elektronische Studie I e II. Se i Klavierstücke I-IV (1952-53) rappresentano una sorta di schizzo dei pezzi elettronici che verranno, i Klavierstücke V-VIII (1954-55)rivelano una nuova attenzione al fattore temporale che nel contempo ‘dilata’ la forma secondo “criteri statistici” e consente all’autore di costruire timbri diversi (quasi in competizione con quelli elettronici su cui aveva lavorato per 18 mesi) che emergono dal costante uso di risonanze prodotte dalla pressione silenziosa dei tasti.
Nei miei Studi, tutti realizzati con CSound, ho voluto ricreare il suono elettronico di quegli anni: nella sua morfologia principale tanto simile a quella dei suoni di pianoforte (dovuta a tagli netti del nastro magnetico) e nel suo ‘colore’ ottenuto anche grazie alla convoluzione con la risposta all’impulso del riverbero a piastra EMT 140, quello usato da Stockhausen per Kontakte (ringrazio Martino Marini per la registrazione delle risposte all’impulso).
Per ogni studio, o gruppo di studi, ho adottato generazioni spettrali e comportamenti diversi nella ‘mala copiatura’ dei Klavierstücke, ma sempre concependo ogni suono come una momentform la cui durata e istante di inizio siano imprevedibili, ed entro cui talvolta è possibile sentire l’eco appena accennata di una composizione strumentale.
Studi I-IV (che devono essere eseguiti tutti insieme): filtraggio risonante di brevi campioni di musica etnica distorti con varie funzioni, gesti e distribuzione temporale il più possibile simili a quelli dei Klavierstücke I-IV, echi di musica etnica.
Studio V: modelli fisici applicati a funzioni audio prodotte da un insieme di Julia (implementato in CSound da Hans Mikelson, 1999), note generate con Cmask (Andre Bartetzki, 1997) a simulare in modo approssimato densità e dinamica del Klavierstück V, echi di musica classica.
Studio VI: ogni suono è il risultato della sovrapposizione di tre materiali ottenuti con la convoluzione con più o meno lunghe risonanze di pianoforte di: insiemi di Julia, onde quadre, attacchi di pianoforte. Le risonanze in realtà sono una deconvoluzione delle risonanze originali con gli attacchi di pianoforte selezionati come spettro generatore; il risultato è una sorta di RM. Tutti i suoni di pianoforte sono campionati dalla registrazione dei David Tudor della III versione del Klavierstück VI. Seguendo la tipologia di ‘suoni satelliti’ e suoni principali di Stockhausen, ho scritto un algoritmo di generazione seriale (basato sull’analisi della composizione di Stockhausen) sia dei parametri (serie di 6) che della organizzazione formale. Echi di musica vocale. Ringrazio Pascal Decroupet per avermi fornito i suoi fogli di lavoro per la preparazione dell’articolo “First sketches of reality. Fragmente zu Stockhausen (Klavierstück VI)”.
Studio VII: modelli fisici applicati a funzioni audio prodotte da un insieme di Julia. La sua struttura deriva da un’analisi approssimativa degli eventi del Klavierstück VII individuando tre tipologie morfologiche: grappoli di note piano (arpeggi veloci generati da distribuzioni probabilistiche), suoni singoli lunghi, suoni con parziali ritardate (arpeggi lenti). Echi di musica di Stockhausen.
Studio VIII: modelli fisici applicati a funzioni audio prodotte da un insieme di Julia modulate ad anello con funzioni a gradini aleatorie e trasposte con trasformata di Hilbert. La sua struttura deriva da un’analisi approssimativa degli eventi del Klavierstück VIII individuando tre tipologie morfologiche: grappoli di accordi, suoni singoli lunghi , suoni generati da distribuzioni probabilistiche su più ‘voci’. Echi di free jazz.
Fermentazioni è costituito da alcuni dei materiali da me raccolti durante la realizzazione del video musicale Il suono rosso (video di Ivan Penov), una “messa in scena audiovisiva” sul vino commissionata da La Stoppa di Elena Pantaleoni.
Fra il 2018 e il 2019 ho effettuato decine di ore di registrazioni ad Ancarano di Rivergaro (PC), distribuite nel tempo secondo i ritmi e le fasi di staticità ed estrema dinamicità tipiche della produzione del vino. Per Fermentazioni ho scelto le registrazioni che danno conto della caoticità di uno dei processi dinamici che avvengono nelle vasche di acciaio in cui viene messa l’uva pigiata: la fermentazione.
Senza snaturare la materia si rendono così udibili fenomeni solitamente nascosti al nostro orecchio e dotati di una forte ambiguità per la somiglianza con una tecnica elettroacustica molto diffusa oggi in musica come la granulazione.
Per le riprese ho usato un microfono piezoelettrico auto costruito e un microfono dinamico AKG 411L, entrambi applicati sulla superficie esterna delle vasche in cui fermentano due diversi vini prodotti da La Stoppa: Ageno (in due vasche diverse, a pochi giorni dalla pigiatura) e Malvasia (a un mese dalla pigiatura).
Fermentazioni è costruito mettendo in sequenza, con dissolvenza di 1’, tre frammenti di 4’ ciascuno (Malvasia-Ageno01-Ageno02) utilizzando solo un filtro passa-alto del II ordine a 100 Hz per la Malvasia, a 300 Hz per l’Ageno.
A Mario Messinis, in memoriam (2020) musica elettroacustica [14’05”]
Ousia nasce da una rielaborazione di materiali usati per il video musicale Il suono rosso commissionato da La Stoppa (un’azienda di Ancarano che produce vino naturale). Molti di questi materiali sonori mi hanno ricordato le opera elettroacustiche del periodo GRM di Xenakis, in particolare Bohor. Così potatura, fermentazione, trattori, vendemmia, travasi, voci dei lavoranti, distillazione e imbottigliamento sono stati usati prevalentemente ‘al naturale’ per la loro alta qualità timbrica e morfologica. Solo in alcuni casi li ho sottoposti a trasformazioni usando filtri, variazioni di velocità, modelli fisici, granulazione polifonica.
Per la loro organizzazione macro-formale dei 16 materiali così ottenuti, ho utilizzato lo stesso metodo stocastico di Xenakis per Achorripsis. Grazie alla distribuzione di Poisson (lambda = 1.667) ottengo la distribuzione generale degli eventi (gradi di densità variabile da I a VI) su una matrice di 16 righe (una per ciascun material) e 28 colonne (unità di tempo = 30”). Essendo il risultato troppo denso per poter percepire le molte piccole, ma musicalmente rilevanti, variazioni timbriche, ho infine deciso di prendere solo 4 diversi materiali per ognuna della quattro parti in cui è divisa l’opera.
Enfoncer une porte ouverte rappresenta l’inizio (Parte prima, capitoli 1-4) di un più lungo lavoro su Madame Bovary commissionatomi da Bruna Donatelli, per “Flaubert en musique”, numero 21 della Flaubert Revue critique et génétique da lei curato.
Sappiamo che per Flaubert testo e suono (scrittura e lettura) non erano due entità separate. Infatti era uso leggere ad alta voce i suoni manoscritti (Στέντορι εἰσαμένη μεγαλήτορι χαλκεοφώνῳ, ὃς τόσον αὐδήσασχ᾽ ὅσον ἄλλοι πεντήκοντα[1]). Grazie a questa pratica, che chiamava gueuloir[2], era in grado di valutare la qualità delle proprie frasi in base alla loro sonorità: “Plus une idée est belle, plus la phrase est sonore; soyez-en sûre. La precisión de la pensée fait (et est elle-même) celle du mot”[3]. Ho quindi chiesto alla mia lettrice (Marie Gaboriaud) di leggere non la versione pubblicata di Madame Bovary, ma il manoscritto più o meno finale, con le sue cancellazioni e ripensamenti. Il testo è da me animato con oggetti sonori la cui sorgente non è necessariamente riconoscibile, spesso usando tecniche di convoluzione, ma è sempre derivante da suoni menzionati o evocati nel libro. L’idea è di dare vita a quello che definisco un ‘paesaggio immaginario’ dove i suoni assumono il carattere di protagonisti di una messa in scena.
Sono profondamente debitore a Bruna Donatelli per avermi guidato con sapienza e originalità nel mondo di Flaubert. Spero possa trovare in questo mio lavoro molte sue ‘perle’ legate fra loro in una, seppur non finita, collana musicale.
[1] “in figura di Stèntore, cuore grande, voce di bronzo, che tanto forte gridava quanto cinquanta degli altri”, Omero, Iliade, V, 785, versione di Rosa Calzecchi Onesti, Einaudi, 1950.
[2] Michael Fried, Flaubert’s ‘Gueuloir.’ On ‘Madame Bovary’ and ‘Salammbô’, Yale University Press, 2012.
[3] Lettera a Mlle. Leroyer de Chantepie, 12 dicembre 1857.
Prima esecuzione assoluta: Fifth International Csound Conference, Teatro Municipale di Cagli, 28 settembre 2019
Questa composizione ha origine da alcuni materiali usati per un più ampio lavoro, Il suono bianco, un progetto audiovisivo commissionato dal Caseificio Di Nucci 1662 (Agnone) che produce principalmente caciocavallo. Per un’intera settimana, dalle 7 alle 14, ho registrato i suoni del laboratorio e della cantina: il versamento del latte, tutti i diversi processi di trasformazione, principalmente manuali, le voci dei lavoranti, il processo di conservazione e controllo della stagionatura, la degustazione. La prima parte è dedicata ai suoni liquidi del processo (l’acqua è un elemento determinante nella lavorazione della pasta filata), mentre la seconda vuole suggerire l’aspetto aptico del formaggio: lo strofinamento della superficie, diversa per ogni fase della stagionatura, la battitura delle forme per controllare che non ci siano bolle d’aria al suo interno, e infine l’assaggio (registrato con un microfono collocato in bocca). Le tecniche di trasformazione dei suoni prevalentemente usate sono granulazione e convoluzione.
Cacio No5 esiste in due versioni: stereofonica e ottofonica. La versione a 8 canali è un omaggio a Iannis Xenakis ed è stata ottenuta dalla divisione in 24 bande di frequenza (da 20 Hz a 24 KHz) di un mix mono della versione stereofonica. Le 24 tracce sono poi state distribuite a gruppi di 3 (ogni volta prendendo registro grave, medio e acuto) su 8 tracce. La spazializzazione è realizzata in automatico e prevede 11 rotazioni del cubo utilizzato da Xenakis per la sua composizione Nomos Alpha (si veda Formalized Music, Pendragon Revised Edition, 1990, p. 219-236). Gli 8 angoli del cubo diventano quindi le 8 casse dell’impianto di diffusione, e ciascuna delle 8 tracce si muoverà secondo le rotazioni indicate da Xenakis. Ogni volta che una traccia raggiunge una cassa diversa da quella di partenza, si va ad aggiungere allo spettro della traccia presente sulla cassa, trascinandolo nel movimento successivo fino a includere, alla fine della rotazione, l’intero spettro su un’unica cassa. Per esempio, nella prima rotazione (1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8) all’inizio si sentiranno 3 bande di frequenza (b1) sulla cassa 1 (L1), 3 bande di frequenza (b2) sulla cassa 2 (L2), ecc. Non appena b1 si muove verso L2, si aggiungerà a b2, che trascinerà con sé alla cassa L3, da cui preleverà anche b3 per portarlo a L4, e così via. Alla fine della rotazione, sulla cassa L8 sarà presente l’intero spettro (20 Hz-24 KHz). Per l’automazione sono state usate 11 diverse velocità di rotazione generate con distribuzione gaussiana in un ambito compreso fra 0.684 m/s e 8 m/s.
Note tecniche La posizione delle casse deve preferibilmente formare un cubo come disegnato da Xenakis:
La serie 1 2 3 4 5 6 7 8 rappresenta sia il numero di traccia che la cassa. Il lato del cubo dovrebbe essere di 8 m. L6 L3 L5 L4 sono le casse a livello del pubblico, L1 L8 L2 L7 quelle sopra il pubblico.
In alternativa è possibile un set-up a un solo livello seguendo questa configurazione: