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STRUMENTI ED ELETTRONICA

Lo spirito del rischio

Omaggio a Anthony Braxton con Gianpaolo Antongirolami (2023) per sassofono contralto e live electronics [durata variabile]

Qualunque nuova notazione può far sorgere nuove domande

Barry Mazur

Lo spirito del rischio è un’improvvisazione guidata da una partitura grafica che attinge da sistemi notazionali matematici e musicali di culture antiche ed extraeuropee. È composta da 25 moduli, ognuno con un numero variabile di simboli (da 1 a 5), e la cui durata è a piacere dell’esecutore, ma uguale per tutti. I simboli usati sono di due tipi: 23 per il ritmo e 25 per le emissioni dello strumento e/o il tipo di trattamento elettronico. Il sassofonista sarà libero di creare una propria associazione per ciascuno dei simboli, ma dovrà attingere esclusivamente ai 12 language types codificati da Anthony Braxton per i suoi solo.

L’elettronica viene controllata dallo stesso sassofonista ed è costituita da tre tipi di microfonazione (ravvicinata, solo suoni di chiavi, molto distante) e due tipi di trattamento: uno volto a creare un timbro ‘elettrificato’ dello strumento e uno a simulare un filtro wah-wah. Le scelte del tipo di segnale in ingresso e dei parametri dei trattamenti sono ad libitum ma devono essere anch’esse associate ai simboli della partitura.

Lo spirito del rischio è una delle composizioni che compongono un più ampio progetto con lo stesso titolo che presenta opere di Anthony Braxton per sax solo e di Roberto Doati per elettronica ispirate alle musiche di Braxton.

Sono grato a Joseph Mazur per il suo libro “Storia dei simboli matematici”, vera fonte di ispirazione insieme con “La notazione musicale” di Armand Machabey.

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STRUMENTI ED ELETTRONICA

Da gaie lande

(2018) per voce bianca ed elettronica ad libitum [2’] su una poesia di Christian Morgenstern tratta da Galgenlieder (1905)

Prima esecuzione assoluta della versione per sola voce: Chiesa di San Torpete, Genova, 1 giugno 2019

Voce bianca: Marta Cereda

Commissione Fondazione Giorgio e Lilli Devoto

Quando fui invitato a far parte del gruppo di compositori che avrebbero dovuto mettere in musica i testi dello zoo di Morgensten, Galgenlieder, non seppi resistere alla tentazione di fare riferimento a Gesang der Jünglinge. Un riferimento per così dire blando, perché né le dimensioni (2’), né la destinazione di questo mio lavoro (voce dal vivo) potevano lontanamente avvicinarsi al complesso ed elaborato processo di composizione del capolavoro di Stockhausen.

Ho iniziato distribuendo le sillabe del testo in una matrice:

Poiché la colonna (9) rappresenta o una pausa o una sillaba esclusivamente parlata, e quindi al di fuori di ogni attribuzione parametrica, ho creato le cinque matrici per altezza, istante di inizio, durata, dinamica e timbro in dimensioni di 8 x 8, procedendo poi con permutazioni come in un classico sistema seriale.

La serie delle altezze adottata è una sequenza di 7 toni interi:

Mentre ho utilizzato le prime quattro matrici (a partire da serie diverse) sia per la voce che per l’elettronica, la matrice del timbro è servita a comporre solo la parte elettronica. I suoni che ne compongono la ‘scala’, tutti ottenuti da una registrazione della voce bianca, sono i seguenti:

  1. sinusoide come filtraggio di una o più componenti (in funzione dell’intensità) della voce bianca
  2. sinusoide che glissa
  3. parlato (anche accordi)
  4. gruppi di impulsi (da consonanti vibranti o occlusive in loop)
  5. rumore bianco (da consonanti sibilanti e fricative)
  6. rumore bianco che glissa
  7. vocoder con tigre
  8. vocoder con zanzara.

Testo (traduzione italiana di Nicola Ferrari)

Das GeierlammLa tigre-zanzara
Das Lämmergeier ist bekannt,
das Geierlamm erst hier genannt.

Der Geier, der ist offenkundig,
das Lamm hingegen untergrundig.

Es sagt nicht hu, es sagt nicht mäh
und dich auf aus nächster Näh.

Und dreht das Auge dann zum Herrn.
Und alle haben’s herzlich gern.
Una zanzara-tigre Linneo l’ha già censita
ma una tigre zanzara non si sapeva in vita.

La tigre è grande, ardita;
la zanzara: si schiaccia con le dita.

Non dice zzzz, non dice ahhh –
se ti avvicini, ti sbranerà:

strabuzza gli occhi, guarda assassina
ma a tutti pare soltanto carina.

La partitura è pubblicata in: Christian Morgenstern Galgenlieder. Un bestiario improbabile tradotto da Nicola Ferrari in trascrizioni, travestimenti e fanfole, Fondazione Giorgio e Lilli Devoto in Genova, 2019.

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ANTIDINAMICA

per Gianpaolo Antongirolami (2015-2016) da 1 a 4 sassofoni e live electronics [10’-18’]

Prima esecuzione della versione per sax soprano: XXI CIM, Museo delle cere anatomiche Clemente Susini,  Cagliari, 29 settembre 2016

Sax soprano: Gianpaolo Antongirolami

Live electronics: Roberto Doati

Prima esecuzione della versione per 4 sassofoni: EMUFest, Sala Accademia del Conservatorio Santa Cecilia, Roma, 26 ottobre 2016

Quartetto SAXATILE (Enzo Filippetti, Filippo Ansaldi, Michele D’Auria, Danilo Perticaro)

Live electronics: Roberto Doati

Versione per sax soprano (Gianpaolo Antongirolami sax, Roberto Doati live electronics)

La composizione ha inizio con l’elaborazione, in tempo reale, della registrazione di un’improvvisazione di Gianpaolo Antongirolami (sax contralto) per la mia opera Il domestico di Edgar. L’analisi spettrale di questa elaborazione, che non contiene più alcun suono riferibile alla sorgente acustica, definisce la partitura per i sassofoni in ANTIDINAMICA. Il sassofonista può scegliere e cambiare il metronomo (semiminima da 20 a 120) ad ogni pagina, così come quali e quanti pentagrammi eseguire, fra i 6 di ogni pagina, ma entro una durata stabilita (minimo 6’, massimo 12’) . Nei restanti 4’ (massimo 6’) prosegue improvvisando liberamente sulla memoria di quanto precedentemente letto.

L’interprete al live electronics improvvisa liberamente sui parametri di un ambiente costituito da una convoluzione con impulsi filtrati e inviati a 4 ritardi in parallelo con traspositore nel feedback, dapprima sulla registrazione usata per generare la partitura e poi sui sassofoni dal vivo.

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Stecche

(2008) per pianoforte, iperviolino e live electronics [12’]

Prima esecuzione assoluta: Sala Tartini del Conservatorio “Giuseppe Tartini”, Trieste, 24 novembre 2010

Pianoforte: Gianni Della Libera

Live electronics: Roberto Doati

Realizzata con una borsa della Kulturhuset USF di Bergen (N)

La parte per pianoforte si basa su l’opera 72 di Grieg Slåtter, danze contadine norvegesi per pianoforte (nn. 1, 6 e 14). Nelle prime due parti il pianista suona lo strumento con la sola mano sinistra, mentre sul polso della mano destra è fissato il braccialetto dell’Iperviolino, un insieme di sensori e convertitore analogico-MIDI costruita da Matteo Ricchetti per la mia composizione bastone armonico (1999) per violino ed elettronica. Si tratta in un certo senso di un’estensione dello strumento acustico che permette di rilevare il gesto dell’esecutore e utilizzarlo come controllo per cambiare i parametri dell’elettronica.

Qui il pianista mima il gesto del violinista che tira l’arco in quanto i pezzi dell’opera 72 sono trascrizioni (meglio: riscritture) di musiche popolari nate per il caratteristico violino norvegese chiamato Hardingfele, dotato di 4 o 5 corde di metallo che vibrano per simpatia al di sotto delle convenzionali 4 corde tese sulla manico. Nella terza parte della composizione il braccialetto è sul polso sinistro e il pianista suona con entrambe le mani.

Le tre parti hanno un grado di complessità crescente di elaborazione dei materiali di Grieg: citazione di semplici articolazioni (1), riscrittura vicina all’originale (2), grande deformazione (3).

La parte elettronica sostanzialmente crea le risonanze tipiche dell’Hardingfele che si sovrappongono o moltiplicano con quelle del pianoforte attraverso il controllo gestuale del pianista.

L’opera è stata realizzata durante una residenza presso il Kulturhuset USF di Bergen (Norvegia).

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d’yn, n’yn, b’yt, spyrty, d’yl

(2002) cinque pezzi per voce femminile, maschile e nastro a 8 tracce [16’ 34”]

Prima esecuzione assoluta: Basilica di Santa Maria in Montesanto, Roma, 5 dicembre 2003

Voce femminile: Alessandra Vavasori

Voce maschile: Antonio Bortolami

Regia del suono: Roberto Doati

Commissione: Lanfranco Menga per Ensemble Oktoechos

Il ciclo “Sopra i monti degli aromi” è un percorso attraverso il Cantico dei Cantici tracciato da canti gregoriani, polifonie medievali e composizioni originali con elaborazioni elettroacustiche realizzato con l’Ensemble Oktoechos diretto da Lanfranco Menga, su progetto di Emanuele Pappalardo, Paolo Pachini, Lanfranco Menga e Roberto Doati.

Le linee guida per la composizione di queste cinque opere sono state indicate dai concetti di unione e di dualità: ille e illa del testo del Cantico, l’erotismo carnale e l’amore spirituale, l’umano e il sacro. La scrittura vocale si basa su poche altezze con molte ripetizioni, a indicare l’appartenenza alla terra, ma questa sorta di hochetus viene spezzato da note acutissime che indicano un’aspirazione, non sempre raggiunta, al cielo, alla spiritualità, oppure da brevi frasi parlate, articolazioni vocali corporali. Quest’ultime si integrano con le registrazioni fatte in momenti di vita quotidiana dei due cantanti (Alessandra Vavasori e Antonio Bortolami), così che ognuno degli interpreti si manifesti attraverso la spiritualità (il canto) e la corporeità (il parlato). La parte elettronica realizza idealmente il concetto di unione avvalendosi della tecnica di convoluzione sottolineando la fisicità della voce, registrata molto da vicino, e la sua evanescenza negli spazi riverberanti di una chiesa: le relazioni di frequenza fra le parziali di una voce (o un coro) maschile sono modellate dall’inviluppo spettrale di un coro (o una voce) femminile. Tutti i materiali vocali utilizzati provengono da interpretazioni dell’Ensemble Oktoechos di opere del passato su testi del Cantico: d’yn e n’yn sono convoluzioni fra esecuzioni maschili e femminili delle antifone “Jam hiems” e “Veni electa mea”;b’yt, per voce femminile ed elettronica, è un’elaborazione da un frammento della Sequenza “O ecclesia” di Hildegard von Bingen. Illa abbandona il suo letto ed esce nella notte a cercare l’amato; spyrty è il duetto dell’amore ed è basato su “Tota pulchra es, anima mea” di Heinrich Isaac: spyrty I per sola elettronica, spyrty II per voci maschile e femminile ed elettronica. Non è proprio un canto di unione, è piuttosto un muoversi fianco a fianco, in parallelo, anche se il primato della donna nel testo si rispecchia nella distribuzione delle parti vocali. La scrittura vocale è la trascrizione delle risonanze che si creano con la convoluzione di diverse parti del mottetto, mentre la parte elettronica alterna lunghe risonanze a vivaci sequenze di grani vocali; d’yl, per voce maschile ed elettronica sulla Sequenza “In multo desiderio” di Hildegard von Bingen, rappresenta l’attesa. Ille invita l’amata a svelargli il suo volto e a fare udire la sua voce. È una proposta di intimità, resa con il “contrappunto” delle loro voci registrate che manifestano gioia, sorpresa, entusiasmo, sospiri erotici.

Testi

b’yt

In lectulo meo per noctes
quaesivi quem diligit anima mea
quaesivi illum et non inveni.

Expoliavi me tunica mea, quomodo induar illa?
lavi pedes meos, quomodo inquinabo illos?

Sul mio letto, lungo la notte,
ho cercato l’amore dell’anima mia,
l’ho cercato e non l’ho trovato.

Mi sono già levata la tunica, come indossarla di nuovo?
Mi sono lavata i piedi, come potrei sporcarmeli di nuovo?

spyrty II

Ille Ecce tu pulchra es amica mea
ecce tu pulchra, oculi tui columbarum.

Illa Ecce tu pulcher es dilecte mi et decorus,
lectulus noster floridus

tigna domorum nostrarum cedrina
laquearia nostra cypressina.

Lui Quanto sei incantevole mia amata,
quanto sei incantevole!
I tuoi occhi sono colombe.

Lei Quanto sei incantevole mio amato, quanto sei affascinante!
Il nostro letto è lussureggiante:

pareti della nostra casa sono i cedri,
nostro soffitto i cipressi.

d’yl

Surge amica mea speciosa mea et veni,
columba mea in foraminibus petrae
in caverna maceriae.
Ostende mihi faciem tuam
sonet vox tua in auribus meis
vox enim tua dulcis et facies tua speciosa.

Alzati, mia amata, mia bella e vieni via,
o mia colomba che ti annidi nelle fenditure della roccia, negli anfratti dei dirupi.
Fammi vedere il tuo viso,
fammi sentire la tua voce
perché la tua voce è soave e il tuo viso affascinante.

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L’apparizione di tre rughe

(2001-2004) versione per chitarra, live electronics e sistema interattivo EyesWeb [25’]

Prima esecuzione assoluta: Hochschule der Künste, Berna, maggio 2005

Chitarra: Elena Casoli

Regia del suono e EyesWeb: Roberto Doati.

Realizzata con una borsa della Rockefeller Foundation

Questo progetto nasce da un’esplicita richiesta della grande virtuosa di chitarre Elena Casoli. Per anni ci siamo vicendevolmente studiati, seguiti nel nostro lavoro e finalmente nell’ottobre del 1998, durante una tournée in Argentina, abbiamo deciso di lavorare insieme. L’idea era di realizzare una serie di brevi pezzi da eseguire separatamente, ma legati fra loro come fossero un’unica opera. Due le versioni prodotte, indipendenti o meno a seconda del programma scelto: una esclusivamente elletroacustica (riproducibile quindi anche tramite CD) che contiene trasformazioni di materiali chitarristici registrati dalle chitarre di Elena Casoli, e una che si può affiancare all’elettroacustica, che prevede l’esecuzione di Elena Casoli dal vivo.

La facilità con cui Elena Casoli nei suoi concerti passa dalla chitarra acustica a 6 corde (pizzicata o percossa) alla chitarra elettrica, la chitarra a 10 corde, o addirittura all’arciliuto a 27 corde e la vastità del suo repertorio (da Gesualdo ai compositori contemporanei che per lei hanno scritto numerose opere, passando per Berio, Boulez, Maderna, Scelsi), mi hanno suggerito i materiali con cui lavorare. Sono i suoni, le articolazioni di sei diversi stili: blues, barocco, flamenco, jazz, repertorio sudamericano, rock. Ma anche i suoni di diversi strumenti: chitarra classica, arciliuto, chitarra a 10 corde, chitarra elettrica, tutte suonate con varie modalità (bottle neck, percossa, “strappata”, rasgueado, ecc.). Questi materiali sono stati sottoposti a classi di trasformazione digitale (dilatazione e compressione temporale, filtraggio, trasposizione, distribuzione nello spazio, ecc.) il cui risultato costituisce il contenuto della versione elettroacustica. La versione “live” scaturisce dalla trascrizione, in notazione convenzionale per chitarra, delle stesse elaborazioni elettroniche, quasi a creare l’ombra viva di una realtà virtuale e statica (si veda nel dettaglio al paragrafo “Interazione gestuale”). L’obiettivo è quello di evocare in certi momenti gli stili scelti e in altri negarli, rendendo così ambigua la riconoscibilità linguistica.

Per descrivere le scelte formali di questo lavoro, piuttosto di una descrizione verbale che risulterebbe angusta e poco chiara, penso sia preferibile fornire una rappresentazione grafica.

Versione elettroacustica (da eseguire “intrecciata” con opere dal vivo di altri autori)

Versione elettroacustica + chitarra dal vivo

Ogni parte della versione elettroacustica (A, B, C, D, E) è organizzata formalmente in modo che la densità della polifonia di stili e tecniche sia inversamente proporzionale alla durata di ogni singola parte. Ogni parte dal vivo (a, b, c, d, e) si concentra invece su un singolo stile o tecnica.

Un aspetto rilevante del lavoro, riguarda il controllo della parte di live electronics per mezzo del sistema interattivo denominato EyesWeb. Realizzato presso il  Laboratorio di Informatica Musicale del DIST – Università di Genova, EyesWeb è un software dotato di ingressi e uscite audio, video, MIDI e OSC. Nella versione live di L’apparizione di tre rughe i movimenti delle dita dipinte della mano sinistra di Elena Casoli sono seguiti da EyesWeb come tracce di colore, quindi trasformati in segnale MIDI per controllare diverse patch di Max/MSP che si occupano delle trasformazioni del suono della chitarra. I risultati, in termini di articolazione, sono notevolmente più “naturali” rispetto a un uso di controller esterni come pulsanti, slider o manopole, dal momento che seguono un imprevedibile, ma allo stesso tempo progettato, percorso quale quello dei gesti dell’interprete che deve eseguire una parte scritta. Questo fatto era già stato da me precedentemente verificato con il lavoro Allegoria dell’opinione verbale (2000), una piece di teatro musicale in cui il movimento delle labbra di un’attrice controllava i parametri per la risintesi della propria voce come illustrato nell’articolo di Francesco Giomi “Il computer nell’esecuzione musicale”, pubblicato in Le Scienzequaderni, n.121.

Estratti dalla registrazione della prima esecuzione assoluta.
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bastone armonico

(1999) per violino, bastoni della pioggia, elettronica e sistema interattivo [12’ 30”]

Prima esecuzione assoluta: Auditorium Montale del Teatro Carlo Felice, Genova, 11 maggio 1999

Violino: Marco Rogliano
Regia del suono: Roberto Doati, Alvise Vidolin

Sistema interattivo: Antonio Camurri, Matteo Ricchetti

Realizzata con una borsa della Bogliasco Foundation presso il Centro Ligure per le Arti e le Lettere

L’idea del lavoro, realizzato durante una residenza offertami dalla Fondazione Bogliasco (Centro Ligure per le Arti e le Lettere), nasce dall’ammirazione di certa pittura monocromatica statunitense: strati successivi di pittura (diversi i materiali, le tecniche) danno origine a una superficie che fa scomparire la materia e può venire percepita come scultura, oppure come composta di tonalità cangianti in funzione dell’incidenza della luce sul colore.

Mi colpiscono le piccole deflagrazioni percettive determinate da una forte astrazione.

Come spesso avviene per la realizzazione delle mie opere, anche per bastone armonico ho scelto materiali sonori che racchiudessero sia elementi concreti, “terrestri”, che elementi astratti, “celesti”. Ho cercato di realizzare un’idea di superficie monocromatica trattando i suoni impulsivi di un palo de lluvia (bastone da pioggia), strumento tipico della cultura india di tutto il Sud America. Questa monocromia granulare costituisce la totalità della parte elettronica, mentre il violino produce esclusivamente suoni armonici che, talvolta con originali tecniche d’arco, tendono a immergersi nella superficie elettronica. Un ulteriore strumento che concerne il processo di sviluppo unitario di “natura” e artificio, è la doppia equalizzazione del violino. Durante l’esecuzione la regia del suono può decidere liberamente quando e in quale misura mescolare violino naturale e violino “elettrico”.

Il sistema interattivo (ad libitum) mette in relazione i gesti del violinista con la parte elettronica. Con l’ausilio di microtelecamere (solo per la prima esecuzione assoluta, poi sostituite da un bracciale con sensore costruito da Matteo Richhetti) e microled vengono rilevati lo spostamento della mano sinistra lungo il manico e l’angolo di incidenza dell’arco sulle corde, parametri che determineranno durante l’esecuzione la distribuzione e lo spostamento del suono su otto altoparlanti. Inoltre la distribuzione del peso del corpo del violinista su due pedane analogiche sensibili alla pressione controllerà la dinamica.

Enzo Porta con due delle tre parti di cui è costituito il sistema (microled sul riccio e bracciale). Sullo sfondo, a terra, il convertitore ‘segnale analogico-MIDI’ di Matteo Ricchetti.

Il sistema è stato realizzato dal Laboratorio  di Informatica Musicale del DIST (Università di Genova) presso la Fondazione Teatro Carlo Felice, con la collaborazione di Antonio Camurri e Matteo Ricchetti. A loro e al mio maestro di sempre, Alvise Vidolin, che ha realizzato l’ambiente esecutivo il linguaggio MAX, va la mia gratitudine. Grazie a Xavier Serra per il suo SMS e a Davide Rocchesso per il suo BaBo, programmi che, insieme a Csound, ho utilizzato per le trasformazioni del bastone da pioggia. Formalmente l’opera segue 12 di 63 disegni generati dal computer di cui mi ha fatto dono l’amico Gianni Revello; una parte di essi è stata elaborata dal programma GraphSco di Riccardo Bianchini per l’estrazione di parametri musicali.

«Ogni musica che non dipinge nulla è un rumore» e se questa non è rumore lo devo alle pennellate precise e ai colori del violino di Marco Rogliano: senza la sua guida esperta non avrei potuto scriverla.

Sono infine debitore nei confronti di Franco Avicolli, poeta di terre astratte a cui debbo la scoperta dei diluvianti suoni e durevoli amicizie in terra argentina. A lui desidero dedicare bastone armonico.

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Felix Regula

(1997) I Felix Regula per clarinetto (e clarinetto basso, clarinetto contrabbasso ad libitum) e nastro [11’ 30”]

Prima esecuzione assoluta: Università di Liegi, luglio 1997

Clarinetti: Jean-Pierre Peuvion

Regia del suono: Roberto Doati

(1997) II Felix Regula per flauto (Do e Sol) e nastro [11’ 30”]

Prima esecuzione assoluta: “images sonores”, Ancienne Eglise Saint André, Liegi, 1998

Flauti: Catherine Binard

Regia del suono: Jean-Marc Sullon

(1997) III Felix Regula per violino e nastro [13’ 30”]

Prima esecuzione assoluta: “images sonores”, Ancienne Eglise Saint André, Liegi, 1999

Violino: Izumi Okubo

Regia del suono: Jean-Marc Sullon

V Felix Regula per violino (ossia viola), flauto, clarinetto, nastro a 8 tracce e live electronics  [15’ 30”]

Prima esecuzione assoluta: Festival Ars Musica, Bruxelles, marzo 2001

Viola: Miriam Götting

Flauti: Sascha Friedl

Clarinetti: Heinz Friedl

Regia del suono: Roberto Doati, Jean-Marc Sullon

Commissione dell’intera serie: Centre de Recherches et de Formation Musicales de Wallonie di Liegi

Felix Regula è un lavoro commissionato e realizzato presso il Centre de Recherches et Formation Musicales de Wallonie in Liegi. Quando ho ricevuto l’invito a realizzare un nuovo lavoro per strumenti ed elettronica, è stato naturale per me che vivo a Padova pensare a Johannes Ciconia (1340-1411); non solo perché il grande compositore e teorico proveniente da Liegi visse i suoi ultimi anni proprio a Padova, ma anche per il profondo legame fra musica e scienza che caratterizzò il suo lavoro e la sua vita. Il pensiero musicale che ho sviluppato nel corso di molti anni di utilizzo dell’informatica è fortemente improntato dalla nuova tecnologia. Per tecnologia intendo qui riferirmi non tanto allo strumento “macchina”, quanto a un insieme di nuovi concetti e procedimenti scientifici per investigare e trasformare la natura.

La “natura” che viene trasformata in Felix Regula è un virelai di Ciconia (Sus une fontayne) che rappresenta per me un archetipo dell’interesse che molti compositori, del passato come del presente, hanno per i giochi di specchi. Nelle cinque differenti versioni che ho realizzato (I: clarinetto e nastro, II:flauto e nastro, III: violino e nastro, IV: nastro solo, V: violino, flauto, clarinetto, nastro e live electronics), ho spezzato e ricostruito la forma del virelai di Ciconia con riflessioni non solo fra gli strumenti, ma anche con il mio specchio preferito: la tecnologia informatica.

Le trasformazioni elettroniche dei suoni strumentali sono quindi concepite come una sorta di doppio di ciascuno strumento, ma distribuite temporalmente in modo differente per ogni versione secondo un esprit de géométrie peculiare del lavoro di Ciconia. Anche gli strumenti producono una sorta di trattamento acustico. Le altezze del virelai vengono infatti emesse con modalità e articolazioni tipiche della musica contemporanea (slap, multifonici, tongue ram, ecc.).

In I Felix Regula tutti i suoni prodotti dallo strumento sono stati trasformati e distribuiti simmetricamente intorno al centro della parte per clarinetto, ma temporalmente compressi. Così che le prime misure suonate dallo strumento verranno udite trasformate elettronicamente solo dopo 40 secondi, mentre gli ultimi suoni elettronici si presentano parecchi secondi prima dei loro originali acustici. In II Felix Regula la trasformazione di ciascun suono di flauto viene “eseguita” simultaneamente alla parte strumentale, in una sorta di live electronics simulato. In III Felix Regula tutti i suoni prodotti dallo strumento sono stati trasformati e distribuiti simmetricamente intorno al centro della parte per violino, ma temporalmente dilatati. Così che le prime misure suonate dallo strumento verranno udite, trasformate elettronicamente, 50 secondi prima della loro reale esecuzione, mentre gli ultimi suoni elettronici si presentano circa 50 secondi dopo i loro originali acustici. IV Felix Regula è la versione a 8 piste che contiene: pista 1 (registrazione violino), pista 2 (registrazione flauto), pista 3 (registrazione clarinetto), piste 4-5 (trattamento elettronico violino), piste 6-7 (trattamento elettronico flauto), pista 8 (trattamento elettronico clarinetto). L’esecuzione del pezzo è completamente libera per quanto riguarda la dinamica delle differenti piste.

La relazione temporale fra strumenti e loro trattamento elettronico può essere rappresentata come segue:

V Felix Regula è la versione per violino (viola), flauti, clarinetti, nastro a 8 tracce e live electronics, e la relazione temporale fra strumenti ed elettronica può essere rappresentata come segue:

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Il domestico di Edgar

(1996-….) improvvisazione guidata per sassofono contralto, nastro e live electronics (ossia Octandre) [7’]

Prima esecuzione assoluta: XIV Colloquio di Informatica Musicale, Limonaia di Villa Strozzi, Firenze, 9 maggio 2003

Sassofono contralto: Gianpaolo Antongirolami

Regia del suono: Roberto Doati

Realizzata con una borsa della Bogliasco Foundation presso il Centro Ligure per le Arti e le Lettere

Se potessimo udire tutti i suoni esistenti subito impazziremmo.

Charlie Parker

Nel 1995 ricevetti una commissione per un’opera per strumento e computer dal compositore Claudio Ambrosini per il suo gruppo “Ex-Novo Ensemble”. L’opera doveva entrare a far parte, insieme ad altre scritte per l’occasione, di un repertorio particolare: arrangiamenti di musiche pop, o jazz e uso di improvvisazione con strumenti solisti ospiti. La mia scelta fu quella di lavorare con il sassofonista jazz Pietro Tonolo, per una composizione in cui elettronica e improvvisazione jazz fossero strettamente legate una all’altra, pur all’interno di un linguaggio musicale classico. La prima esecuzione era fissata l’anno successivo alle Sale Apollinee del Gran Teatro La Fenice di Venezia. Quando il teatro andò in fiamme, nel gennaio del 1996, il mio lavoro era appena cominciato, e l’amarezza e lo sconforto  in cui caddi per la perdita di un tale patrimonio, affettivo e culturale, furono tali che più volte nel corso degli anni ho ripreso in mano la composizione, portandola a termine solo nel 2002. Il protrarsi dei lavori di ricostruzione del teatro mi ha fatto comunque pensare a un work in progress.

È noto che negli ultimi anni di vita, Charlie Parker prese contatti con Edgar Varèse per ricevere lezioni di composizione. Il grande sassofonista jazz si stava infatti interessando sempre più alle esperienze dei compositori del primo ‘900. Il suo desiderio era tale da spingerlo a proporsi come domestico per Varèse qualora il pagamento delle lezioni dovesse essere stato ritenuto dal compositore non sufficiente. Alla fine Varèse accettò, ma al suo ritorno dopo un viaggio in Europa, Parker era morto.

L’idea di questo mio lavoro nasce dalla realizzazione di una parte elettronica che sia sonologicamente e formalmente organizzata come Octandre, uno dei capolavori di Varèse. Su questa base (o sulla stessa registrazione-esecuzione di Octandre), il sassofonista deve suonare seguendo una partitura che lo lasci libero di improvvisare, ma solo all’interno di schemi determinati; in pratica secondo quella che viene definita una improvvisazione guidata.

Prima dell’esecuzione la sola improvvisazione del sassofonista, che deve conoscere bene il linguaggio jazz e in particolare lo stile bebop, verrà registrata. Dopo l’esecuzione alcuni frammenti della sua improvvisazione vengono trasformati e sovrapposti alla precedente parte elettronica, così che quando un altro sassofonista è disponibile per una nuova interpretazione concertistica, improvviserà anche sull’improvvisazione (deformata) del primo sassofonista. La nuova improvvisazione viene a sua volta trasformata e sovrapposta alla precedente per costituire la base “elettronica” per una successiva interpretazione. Questo processo di ricostruzione e sovrapposizione di “rovine” continuerà fino a quando ci saranno nuovi sassofonisti interessati ad eseguire l’opera.

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Un’armatura di cotone

(1995-96) per flauto dolce contralto e live computer [9’ 48”]

Prima esecuzione assoluta: Teatro Municipale di Cagli, 1996

Flauto dolce: Antonello Politano

Regia del suono: Roberto Doati

L’opera è la trascrizione per flauto dolce (a cura di Antonio Politano) di Donna che si copre le orecchie per proteggersi dal rumore del tuono, scritta nel 1992 per flauto traverso su commissione di SpaziomusicaRicerca (Cagliari). Porta un diverso titolo perché i suoni dello strumento acustico svolgono un ruolo timbrico e formale importantissimo, anche per la parte elettronica.

Come la precedente versione, è concettualmente divisa in tre parti.

La prima ha un carattere “primordiale”. Attraverso modalità esecutive che privilegiano il rumore (slap, jet whistles, ruggiti, tongue ram), emergono le componenti base della macchina flauto (strumento + esecutore): il tubo sonoro, il soffio, il respiro, ecc. Il computer viene usato per modificare, senza snaturare, i suoni del flauto, in particolare con dilatazioni/compressioni temporali e trasposizioni di altezza.

Le due nature, suoni di flauto e suoni sintetici, evolvono nella seconda parte seguendo un percorso “culturale” che è loro proprio: il flauto esegue dapprima segmenti microtonali, poi trilli timbrici su più ampi intervalli melodici e infine suoni multifonici. I suoni sintetici, timbricamente sempre più complessi, evidenziano le differenze, soprattutto prosodiche, con lo strumento acustico.

Infine la terza parte (una forma aperta?) vede l’apparizione di nuove “nature” sorte dall’incontro dei due mondi sonori: l’acustico e l’elettronico. Con una sorta di Live Electronics simulato (tutti i suoni del computer sono trattamenti in tempo differito dei suoni che il flauto produce dal vivo) la composizione si conclude in una “atemporalità” articolata con grandi pause.

L’opera è stata realizzata su personal computer con il programma di sintesi e trattamento del suono Music 5 nelle versioni del C.S.C., Università di Padova (Alessandro Colavizza) e L.M.A., CNRS di Marsiglia (Daniel Arfib) e con il programma di trattamento Phase Vocoder, versione del D.I.S.T., Università di Genova (Paolo Musico e Paolo Neri). Tutti i suoni di flauto trattati sono eseguiti da Antonio Politano. L’amicizia e la stima che a lui mi legano sono responsabili della nascita di questa versione.

Nell’anno delle celebrazioni della “scoperta” dell’America, la donna del titolo della precedente versione era una donna india che si difendeva da quello che credeva essere solo l’annuncio di un temporale. Un’armatura di cotone è tutto ciò che i guerrieri aztechi hanno da indossare a difesa del proprio corpo dal tuono dei cannoni.

La tecnologia informatica è l’armatura di cotone di cui talvolta mi rivesto per resistere all’angoscia dello scrivere.